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Draghi (ed i suoi complici/eredi) e le bugie – parte quinta

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Draghi (ed i suoi complici/eredi) e le bugie – parte quinta

Per la Grecia? Avanti così!

Provo a fare un quadro (non sarà molto sintetico ma comunque sarà poco dettagliato) per non annoiarti troppo. Ti prego di prestare attenzione alle analogie che troverai nel racconto di quanto accaduto alla Grecia con quanto sta accadendo in Italia (e la direzione in cui stiamo andando) e non farti depistare da nuovi modi di chiamare quelle che in realtà sono le solite cose. Per capire meglio il racconto ti inquadro la posizione di supermario: Draghi fu presidente BCE dal 2011 al 2019.

La crisi greca inizia alla fine del 2009, quando il neo primo ministro George Papandreu rende pubblico che i bilanci economici trasmessi dai precedenti governi greci all’Unione europea (UE) erano stati falsificati al fine di consentire l’accesso della Grecia nell’Eurozona, denunciando così il rischio di fallimento del paese.

Questa notizia suscita dubbi e paure negli investitori internazionali circa la capacità della Grecia di onorare i propri impegni finanziari, a causa della forte crescita del debito pubblico. Nell’aprile 2010, si assiste al downgrading (leggi: declassamento, sottostima, degrado) del debito pubblico greco al livello di junk bond (leggi: cambiali spazzatura, rende meglio) da parte delle agenzie di rating internazionali, con ulteriori gravi ripercussioni sui mercati finanziari. Nel 2010 la Grecia chiede ufficialmente aiuto (intervengono il gatto e la volpe: FMI e UE). Viene accordato un aiuto economico per circa 110 miliardi di euro.

Ovviamente il prestito è condizionato all’attuazione di severe riforme strutturali, tra le quali: la soppressione della tredicesima e quattordicesima mensilità nella funzione pubblica, il blocco dei salari dei funzionari per tre anni, maggiore flessibilità nel mercato del lavoro, l’estensione del periodo di contribuzione pensionistica da 37 a 40 annualità nel 2015, la liberalizzazione delle professioni, un aumento dell’IVA fino al 23%. Naturalmente gli aiuti alla Grecia saranno erogati a rate (da maggio 2010 a giugno 2013), a seguito dell’attuazione delle riforme economiche concordate.

Però, nel corso del 2011, la situazione della Grecia non sembra migliorare, anzi le cose vanno peggio e la recessione si accentua anche grazie alle misure di austerity imposte da chi doveva salvare la Grecia. Si ipotizzano teorie sulla ristrutturazione o di un riscadenzamento del debito ma alla fine viene concesso un secondo prestito alla Grecia.

Il governo greco decide di ricorrere a una tassazione degli immobili per recuperare 2,5 miliardi di euro necessari per ottenere un’ulteriore tranche di aiuti, pari a 8 miliardi di euro. Purtroppo non è sufficiente, e così a breve distanza viene varata una drammatica manovra, che prevede un ulteriore taglio alle pensioni, la messa in mobilità di 30.000 dipendenti statali già a partire dal 2011 e la proroga della precedente tassa sugli immobili fino al 2014.

Il secondo prestito è subordinato non solo all’attuazione di un altro pacchetto di misure di austerity ma anche all’accettazione da parte di tutti i creditori privati di una ristrutturazione del debito greco.

Papandreou vorrebbe chiedere ai suoi (scontenti) concittadini il loro parere – con un referendum – ma teme di non ricevere ulteriori aiuti economici internazionali e così si dimette. Sale al potere Papademos ma la “cura” continua ad essere la solita: lacrime e sangue. La reazione del popolo si fa violenta. Nel frattempo il gatto e la volpe hanno delineato la strada per la restituzione del secondo finanziamento, che verrà erogato non tramite prestiti bilaterali, come per il primo piano di salvataggio, ma attraverso il FESF “Fondo europeo di stabilità finanziaria” (oggi si è travestito e dopo il lifting si fa chiamare MES (“Meccanismo europeo di stabilità” dopo essere passato anche attraverso il “MESF”). Viene deciso, inoltre, il coinvolgimento del settore privato per migliorare la sostenibilità del debito greco, attraverso un’offerta di scambio del debito.

Fare riforme è la condizione vincolante per ottenere il prestito. Le cose sembrano andare meglio e il gatto e la volpe decidono di aiutare ancora tagliando il costo del prestito ed estendendo il periodo di rimborso.

Però ci sono le elezioni e nel 2015 Tsipras viene eletto e sceglie una politica opposta all’austerità imposta. Chiede la cancellazione del debito, almeno di una parte, e di rinegoziare il programma di riforme (1990 Khol te lo ricordi?). A questo punto le cose peggiorano e la fiducia degli investitori svanisce. Inizia una trattativa tra Grecia e UE, proposte, programmi ed iniziative. L’accordo non c’è. Tsipras indice il benedetto referendum chiedendo al popolo se accettare o rifiutare l’accordo UE (Commissione, Fondo Monetario, Banca Centrale). Intanto i tre strozzini decidono di sospendere gli aiuti economici per il 30 giugno 2015. A seguito di questa decisione il governo greco, per paura di una fuga incontrollata di capitali, il 28 giugno impone la chiusura della banche. La Grecia esce sconfitta nel braccio di ferro e si impegna ad attuare tagli alla spesa pubblica per un ammontare di circa 300 milioni di euro, un piano di privatizzazioni e aumenti delle tasse, in particolare l’IVA e la tassa sulla ristorazione. Inoltre, viene previsto un aumento dell’età pensionabile a 67 anni entro il 2022.

A seconda del punto di vista da cui vedi la situazione puoi interpretare la situazione e dare la spiegazione ai fatti. Quello che è certo è che l’ingerenza di terzi in casa di altri molto spesso genera situazioni ambigue e difficili (e non aggiungo altro). Nell’immediato non si capisce quale sia lo scopo dell’aiuto (tutti filantropi?). Te ne accorgi solo dopo, nel guardare le macerie. Secondo molti osservatori, il rigore applicato nei confronti della Grecia è stato determinato dal timore che strade alternative (immagini quali potevano essere?) potessero favorire in altri paesi dell’Unione, con problemi di debito pubblico, il successo di partiti populisti contrari alle politiche di austerity e spingere verso situazioni di default, creando un’ulteriore instabilità.

Peraltro, solo una minima parte dei successivi 24 miliardi di euro ricevuti complessivamente, sembrerebbe essere stata destinata allo Stato per le riforme economiche e per sostenere i settori più colpiti dalla crisi. Gran parte di tali finanziamenti, infatti, è andata alle banche da cui la Grecia aveva ottenuto prestiti prima della crisi finanziaria del 2008.

Sino a qui il racconto dal punto di vista UE/Grecia. Vediamo invece in Grecia come è stato vissuto dalla gente.

Andiamo ad Atene, siamo nell’inverno del 2014.

La peggiore crisi economica della storia della nazione è ormai devastante. Nella capitale ogni giorno sembra essere domenica, strade piene di negozi chiusi e saracinesche abbassate. Fa freddo nella metropoli ellenica. Nonostante ciò, il 44% degli immobili dotati di caldaie centralizzate ha rinunciato al riscaldamento: non ci sono i soldi. Decine di migliaia di famiglie si sono viste tagliare la luce per non aver pagato le bollette. Per la prima volta dai tempi della Seconda guerra mondiale a patire la fame non solo ristrette fasce povere della popolazione. Uno studio pubblicato nel 2015 dall’Institut für makroökonomie und konjunkturforschung di Düsseldorf, ha rilevato che nel corso degli anni dell’austerità le tasse sui ricchi furono aumentate del 9%, mentre quelle sul resto della popolazione del 337%. Anche per questo, la crisi erose meno del 20% del reddito dei più agiati. A fronte dell’86% patito dalla popolazione più povera. Per evitare il fallimento, la Grecia fu costretta ad accettare politiche economiche di estremo rigore, che non hanno fatto altro che aggravare la recessione, facendo sprofondare ancor di più l’economia locale. I tre strozzini infatti, concessero in tutto 289 miliardi di euro di prestiti (di cui 252 miliardi nel 2010 – 2014) a condizione di imporre la loro ricetta per uscire dalla crisi. Basata, però, su previsioni che sarebbero state più credibile se fatta da Mago Thelma. Senti cosa era stato previsto a livello di disoccupazione per gli anni che vanno dal 2010 al 2013. Il numero di senza lavoro avrebbe dovuto essere pari a:

  • 11,8% nel 2010
  • 14,6% nel 2011
  • 14,8% nel 2012
  • 14,3% nel 2013

La realtà fu decisamente ed enormemente peggiore:

  • 12,6% nel 2010
  • 17,7% nel 2011
  • 24,3% nel 2012
  • 27,3% nel 2013

Ma gli strozzini non si fermarono.

L’Europa – spiega Mario Pianta, professore di Politica economica alla Scuola Normale Superiore, Classe di scienze politico-sociali all’università di Firenze – imponendo l’austerità, ha affossato la domanda. Ha fatto cioè il contrario di ciò che era necessario. E la Grecia rappresenta un esempio estremo dell’applicazione di tale ricetta. Prima della crisi lo sviluppo economico greco si basava in buona parte sulla spesa pubblica, ma mancava una capacità produttiva interna adeguata”.

Secondo il docente, inoltre, Atene si è trovata “al centro di un braccio di ferro politico. Si voleva dimostrare che la Grecia dovesse obbedire ai diktat di Bruxelles. Anziché decidere democraticamente quale strategia attuare per uscire dalla crisi. Un modo di fare brutale, che ha portato il Paese in una situazione disperata. Basti pensare che, ancora oggi, la capacità produttiva è ridotta del 40% rispetto a prima della crisi, allo stesso modo del reddito procapite”.

Inoltre, continua ancora Pianta, “i tagli selvaggi alla spesa pubblica hanno fatto sì che esistano malati che non si sono più potuti curare. La domanda che pongo è: chi avrebbe accettato tutto ciò? Chi avrebbe accettato che la Germania, ossessionata dalla volontà di generalizzare il proprio modello, imponesse le proprie idee dall’esterno?”.

La tragedia greca è tutta colpa della ricetta rigorista, dunque? Non proprio. L’austerità ha certamente aggravato la crisi greca, ma a portare il Paese sull’orlo del baratro furono almeno altri due attori, i politici indegni venduti e/o incapaci e la finanza meschina e avida.

 

Gli argomenti di prossima trattazione (forse…):

  • Ma l’Euro è ancora vivo?
  • Il ruolo di Draghi quando era presidente BCE
  • Costi del Petrolio e del carburante al pubblico
  • Fincantieri, cosa è successo il 16.05.2022

Giuliano Vendrame
Si Systems Trieste

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