
Fisco, algoritmi, metodologie predittive
Fisco, algoritmi, metodologie predittive
Sembra quasi di essere in Minority Report. Conosci il film del 2002, lo hai visto? Ambientato nel 2054 a Washington. Una città prova, in cui non ci sono più omicidi da ormai 6 anni. Questo grazie a un sistema chiamato Precrimine. Basandosi sulle premonizioni di tre individui dotati di poteri extrasensoriali di precognizione la polizia riesce a impedire gli omicidi prima che essi avvengano e ad arrestare i potenziali “colpevoli”. Così facendo il fatto non si compie e si punisce l’autore per l’intenzione di compierlo. Sembrava fantascienza quando uscì. In realtà era una predizione. Come un altro film “Io robot”. Anche in quello ci sono “assaggi” di quello che accadrà a breve, grazie all’intelligenza artificiale, temo.
Restiamo sul Fisco, hai ragione. I controlli fiscali con l’algoritmo diventano realtà. Entra in campo l’utilizzo di metodologie predittive con un algoritmo, che secondo gli obiettivi dell’Agenzia: “è quello di consentire agli Uffici preposti al controllo di ordinare – secondo diversi criteri di priorità – le posizioni già individuate in esito ad un’analisi deterministica, così da ottimizzare i risultati e la calendarizzazione delle attività istruttorie”. Come fosse antani ci starebbe bene. Ma cosa vuol dire questa frase? Sembra una supercazzola… vogliono fare il profilo ai pericolosi evasori (bar, artigiani, negozianti, ecc)? L’Agenzia delle Entrate dice di no, che non si tratta di una profilazione di massa dei contribuenti e l’ultima parola spetterà sempre all’uomo (chissà se è meglio…) e non alla macchina garantendo il contraddittorio. Sempre che alla lunga non lo eliminino (il contraddittorio intendo). Il diritto alla tutela del contribuente andrà anche lui a sparire…
Sempre l’Agenzia spiega che a valle dell’algoritmo cè una base dati di controlli effettuati già noti e cristalizzati. Dalla base dati sono state individuate le informazioni fiscalmente rilevanti in grado di predire l’esito delle attività istruttorie, analizzate distintamente per tipologia della “fonte di innesco”. Il processo non è affidato interamente alla macchina, dicono, ma tutt’altro: “Nello svolgimento del processo di analisi viene sempre garantito l’intervento umano e, di conseguenza, non si fa uso di alcun tipo di processo decisionale completamene automatizzato”.
I dati oggetto di analisi. Le informazioni che di volta in volta vengono interconnesse con l’Archivio possono riguardare, a titolo esemplificativo, i dati dichiarativi, gli atti del Registro, i dati della fatturazione elettronica e dell’invio telematico dei corrispettivi, in funzione dello specifico contesto d’analisi. Sono in ogni caso esclusi (ma non ci credo!) i dati particolari e quelli giudiziari, cosi come i dati che potrebbero consentire di desumere indirettamente informazioni “sensibili” (es. Stato di nascita, ammontare delle spese sanitarie e simili). Le specifiche sono dovute al tira e molla avvenuto con il garante privacy proprio sull’utilizzo dei dati e le garanzie per i contribuenti nell’uso sotto la forma della pseudoanomizzazione.
Ma quante chiacchiere inutili, come si può pensare che controllo qualcuno ma senza sapere chi è. Non ci sarà un nome o un codice fiscale (da cui si evince la nazionalità) nei modelli dichiarativi che saranno oggetto di verifica? Ma perchè devono passare delle informazioni prendendoci per degli idioti incapaci?
Come si indivueranno i soggetti da indagare? Lo spiega l’Agenzia. Sono quattro i percorsi di utilizzo dei dati individuati. Uno quello di una prima elaborazione in cui si individua il criterio di rischio individuato e, successivamente, si collegano le informazioni presenti nelle altre banche dati a disposizione dell’Agenzia delle entrate.
Il secondo percorso è quello di prendere le informazioni presenti nelle altre banche dati a disposizione dell’Agenzia delle entrate cui vengono successivamente collegati i dati dell’Archivio; terzo criterio i dati dell’archivio sono integrati con le le informazioni presenti nelle altre banche dati a disposizione dell’Agenzia delle entrate, effettuando, successivamente, le elaborazioni necessarie a riscontrare il criterio di rischio individuato; ultimo percorso utilizzo dei soli dati dell’Archivio (ma… ma… come? Se avevano appena detto che sono esclusi i dati giudiziari e quelli da cui si evincerebbero dati cosiddetti sensibili. Tutte le banche dati a disposizione dell’AE, i dati dell’Archivio, e quali dati saranno presenti…?)
Nello svelare le analisi del rischio, l’Agenzia conta di mettersi al riparo dall’accusa della profilazione di massa spiegando le metodologie a monte delle nuove verifiche fiscali: “l’applicazione delle metodologie in parola non determina in alcun modo la profilazione dell’intera popolazione dei contribuenti. L’utilizzo dei dati dell’Archivio, infatti, eventualmente interconnesso con altre banche dati nella disponibilità dell’Agenzia delle entrate, è volto unicamente alla selezione di un numero circoscritto di soggetti, caratterizzati da un apprezzabile livello di rischio fiscale”. Cosa vuol dire “selezione di un numero circoscritto di soggetti”? Cosa vuol dire “caratterizzati da un apprezzabile livello di rischio fiscale”? Chi e come giudicherà il livello di rischio? E poi… “apprezzato”? E da chi sarebbe apprezzato questo livello?
Giuliano Vendrame
29/05/2023
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