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Province: a volte ritornano…

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Province: a volte ritornano…

Era il 2014 e si parlava di abolizione. Poi perà non vennero abolite ma “declassate”. Ora però ritornano. Torna l’elezione diretta di presidenti e consigli e tornano le giunte. Tutti gli organi avranno durata quinquennale. Vengono ampliate le competenze degli enti di area vasta che dovranno occuparsi di programmazione dello sviluppo locale e investimenti. Insomma, un tuffo nel passato, nemmeno così lontano, prima della legge Delrio (legge 56/14), che ha trasformato le province in enti di secondo livello (di fatto assemblee di sindaci) spogliandole di funzioni e risorse. Lo propone Calderoli con un disegno di legge del governo che è stato illustrato ieri dal ministro degli affari regionali e delle autonomie al comitato direttivo dell’Unione province d’Italia.

Nell’incontro i presidenti di provincia hanno illustrato al ministro le criticità emerse in otto anni di applicazione della legge Delrio che, in quanto funzionale alla riforma costituzionale del governo Renzi che puntava all’eliminazione totale degli enti di area vasta, è divenuta, dopo la bocciatura ad opera del referendum del 2016, una legge sempre più avulsa da un’architettura di governance locale orientata, invece, ad un progressivo rafforzamento del ruolo provinciale anche in ottica Pnrr. Il disegno di legge del governo non fa che prendere atto della realtà, rafforzando in primis il ruolo politico dei presidenti (nuovamente eletti) e delle giunte, anche in considerazione del magro dividendo che le casse dello stato hanno incamerato grazie ai tagli delle “poltrone”: solo 26 centesimi di risparmio per ogni cittadino. Stando ai dati dell’Upi, infatti, a fronte di minori spese per il taglio delle indennità pari a 52 milioni, si è registrato un aumento secco di circa 36 milioni dei costi per gli oltre 12.000 dipendenti ex provinciali transitati nelle regioni e nei ministeri (dove gli stipendi sono mediamente più elevati). Il saldo positivo, quindi, si riduce a circa 16 milioni, ossia a 26 centesimi di euro pro capite. Incalcolabili, sempre secondo Upi, sono invece i costi che la collettività ha dovuto sostenere a causa del quasi dimezzamento delle spese di manutenzione ordinaria (-43%) e del quasi azzeramento della capacità di investimento delle province (-71%) sugli oltre 130 mila chilometri di strade e sulle quasi 7.000 scuole secondarie superiori in gestite dagli enti di area vasta. Ecco perché una riforma delle province non era più procrastinabile. Calderoli intende partire non solo dal ripristino degli organi politici, ma soprattutto dal ruolo che le province dovranno giocare a beneficio dei cittadini. E per questo servono “funzioni e risorse che garantiscano l’operatività degli enti e la fruizione dei servizi”.

L’idea del ministro è di affidare alle Camere l’iniziativa di riforma, visti anche i numerosi progetti (bipartisan) di legge già presenti in parlamento. Agli Affari regionali spetterà il compito di fare sintesi e quindi di svolgere il ruolo di cabina di regia tra le diverse proposte.

Il dialogo con le regioni e i comuni sarà determinante per assicurare un iter scorrevole a questa riforma, così come altrettanto importante sarà il confronto in Parlamento. In preliminari colloqui con le forze politiche mi è stata espressa la volontà che l’iniziativa resti parlamentare e non governativa, anche alla luce dei diversi disegni di legge già presentati, e mi sono detto d’accordo”, ha detto Calderoli, aggiungendo “L’intento, mio e penso di tutti, è quello di ridare piena dignità alle province per fare in modo che possano garantire appieno servizi ai cittadini e supporto adeguato ai comuni”.

Senti cosa ha detto il presidente dell’Upi, Michele de Pascale: “L’indebolimento delle province ha messo in crisi i territori… Il ministro ci ha informati sull’ intenzione del governo di operare in stretto raccordo con il Parlamento dove è già avviata la discussione sui disegni di legge presentati da tutte le forze politiche. La concretezza che il ministro ci ha mostrato ci rassicura e ci fa ben sperare che si riesca a portare a termine questo processo in tempi breviIl rafforzamento delle province è essenziale per le migliaia di comuni che vedono queste istituzioni come unico riferimento. Per questo consideriamo strategica la decisione del governo di intervenire sulle competenze e non solo sul sistema elettorale: la revisione delle norme sulle province è un’occasione importante per ridisegnare il sistema di amministrazione del Paese in maniera più efficiente. Dobbiamo disegnare una provincia nuova, ente di semplificazione amministrativa la cui missione è la programmazione e il coordinamento dello sviluppo locale, la realizzazione degli investimenti e il sostegno ai comuni. Questo porterà ad una riduzione della burocrazia e quindi taglierà sprechi di risorse e di tempo”.

Mi sembra buono come obiettivo, anche se non ho capito come questo taglio di sprechi si concretizzerà. Purtroppo però ha subito aggiunto “che le maggiori competenze riconosciute alle nuove province siano accompagnate da fondi adeguati e soprattutto da adeguate risorse umane che (tecnici specializzati, ingegneri, esperti di finanza e digitalizzazione), per ricostruire strutture efficienti e pronte ad esercitare al meglio le funzioni”. Ma come si fa a conciliare “tagliare gli sprechi” e “dateci soldi”?

Certo che questi disegni dei nostri amministratori pubblici (ministri di Roma o governatori locali) sono ricchi di fantasia e di prese per il…

Giuliano Vendrame
Si Systems Trieste

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