Il lockdown non salva l’inquilino moroso
Il lockdown non salva l’inquilino moroso
La riduzione del canone di locazione NON può essere imposta dal giudice
I DPCM anti-Coronavirus adottati durante il lockdown sono illegittimi, in quanto un atto amministrativo non può limitare le libertà costituzionali: scatta dunque l’ordinanza di rilascio dell’immobile, anche se con il Covid la società affittuaria che gestisce il punto vendita ha subito un notevole calo di fatturato. D’altronde la morosità della conduttrice è assodata, mentre con la normativa d’emergenza il legislatore ha ritenuto di non intervenire in rapporti fra privati come le locazioni, limitandosi a offrire sgravi fiscali ai conduttori colpiti dalla recessione economica.
È quanto emerge dall’ordinanza pubblicata il 16 dicembre dalla sesta sezione civile del tribunale di Roma (giudice Alessio Liberati). Questo crea un po’ di confusione e spiego il perchè partendo da una prima sentenza, di 4 mesi fa, e poi attraverso una seconda sentenza di pochi giorni or sono.
Con ordinanza n. 29683 del 27.08.2020 (emessa in via cautelare), il Tribunale di Roma, nella persona del Giudice della VI Sez. Civile, ha disposto la riduzione del canone di locazione del 40% per i mesi di aprile e maggio, e del 20% da giugno 2020 a marzo 2021, oltre alla sospensione della garanzia fideiussoria (fino ad un’esposizione debitoria di 30.000 euro).
A distanza di pochi mesi dalla sentenza di cui sopra, sempre lo stesso Tribunale e sempre la stessa sezione, emette una sentenza diversa e contraria. In questo secondo caso un inquilino di un negozio che aveva lamentato un grosso calo di fatturato per effetto dell’emergenza sanitaria ed economica dovuta al Covid e dei periodi di lockdown imposti dai vari DPCM si era ricolto al giudice per evitare lo sfratto per morosità. Il giudice gli ha dato torto. Così scatta il rilascio dell’immobile, senza se e senza ma. Lo ha stabilito una nuova ordinanza del tribunale di Roma (Trib. Roma, Sez. 6° Civile, ord. n. 45986/2020 R.G. del 16 dicembre 2020)
La morosità era acclarata e il conduttore aveva chiesto una riduzione dell’importo dovuto al proprietario per i canoni scaduti, in considerazione della «grave crisi scaturita dalla pandemia», ma il tribunale ha respinto questa prospettazione.
La motivazione è in alcuni tratti sorprendente per quanto affermato: per il giudice i DPCM adottati dal Governo durante l’emergenza sono illegittimi, in quanto durante il lockdown «hanno limitato i diritti fondamentali previsti dalla Costituzione e dalle convenzioni internazionali» ed anche quelli emanati durante la “Fase 2” sono stati definiti «di dubbia costituzionalità», soprattutto perché non è stato operato «un opportuno bilanciamento tra il diritto fondamentale alla salute e tutti gli altri diritti inviolabili» (Tar Lazio ord. n. 7468/2020).
Ne consegue che quello lamentato dal conduttore moroso non è un danno dovuto dall’emergenza sanitaria, ma derivante dai provvedimenti adottati dalla Pubblica Amministrazione (e i DPCM sono atti amministrativi, non normativi) che le parti avrebbero dovuto specificamente impugnare, ma non lo hanno fatto.
Inoltre, venendo al caso specifico degli affitti non pagati, secondo il tribunale non c’è nessuna possibilità di ottenere per via giudiziaria una riduzione del canone poiché «l’immobile è stato occupato anche durante la pandemia, e la prestazione corrispettiva, cioè il pagamento del canone, non può venire meno».
A tal proposito, l’ordinanza rileva che l’impossibilità parziale di adempiere non sarebbe comunque definitiva, perché, una volta superata l’emergenza sanitaria, «l’immobile sarà nuovamente e totalmente utilizzabile e in ogni caso anche durante la pandemia la limitazione non ha in realtà riguardato l’uso dell’immobile in sé».
Per sostenere questa rigida posizione, il tribunale richiama un orientamento espresso in passato dalla Corte di Cassazione (Cass. sent. n. 198987 del settembre 2016) secondo cui «al conduttore non è consentito di astenersi dal versare il canone, ovvero di ridurlo unilateralmente, nel caso in cui si verifichi una riduzione o una diminuzione nel godimento del bene. La sospensione totale o parziale dell’adempimento dell’obbligazione del conduttore è legittima soltanto qualora venga completamente a mancare la controprestazione da parte del locatore».
Inoltre, il giudice romano sottolinea che la chiusura imposta dal lockdown di marzo riguardava il divieto temporaneo di esercizio dell’attività, ma ciò «non determina l’impossibilità per il conduttore di utilizzare l’immobile, che è la prestazione dovuta dalla controparte (locatore)».
E allora, in questa prospettiva, neppure la mancanza degli incassi dovuta alla chiusura forzata determina per il conduttore l’impossibilità di adempiere alla propria obbligazione, cioè di pagare il canone, «atteso che il periodo interessato non è tale da esulare dal c.d. rischio d’impresa».
Il tribunale ricorda, poi, che anche durante il periodo di emergenza Covid «l’immobile ha conservato il proprio valore locativo» ed evidenzia che l’eccessiva onerosità della prestazione «deve attenere ad aspetti obiettivi e non alle condizioni soggettive del conduttore», come ad esempio la perdita di reddito.
A tal proposito, bisogna tener conto anche dei vari ristori economici emanati dal Governo, a partire dal credito d’imposta del 60% introdotto a marzo dal decreto Cura Italia, che riguarda i canoni di affitto pagati e non quelli rimasti insoluti.
Infine, il giudice non valuta come esimente nemmeno la generale clausola di esonero contenuta nella normativa emergenziale (Art. 91 D.L. n.18/2020) secondo cui «il rispetto delle misure di contenimento è sempre valutato ai fini dell’esclusione della responsabilità del debitore», ritenendola applicabile solo entro «i limiti ristretti di un ritardo nei pagamenti» dei canoni di locazione. E qui rimarca: «nessuna norma impedisce il pagamento del canone e lo stesso è quindi certamente dovuto, non potendo assumere rilievo le difficoltà finanziarie temporanee di carattere soggettivo».
Questa nuova pronuncia si pone in controtendenza con altre recentemente adottate da alcuni tribunali italiani, secondo le quali negli affitti il canone è ridotto o nullo durante il lockdown, in modo da realizzare un nuovo sconto sull’affitto a causa del Covid.
Giuliano Vendrame
Si Systems Trieste