
Accordo con il fisco molto fragile
Accordo con il fisco molto fragile
L’accordo tra fisco e contribuente si rompe immediatamente se, anche a seguito di errori, il soggetto che ha aderito all’istituto mette mano per correggere la dichiarazione presa a riferimento per il patto alterando i dati e le informazioni nel modello e determinando una diversa quantificazione dei redditi o del valore della produzione netta rispetto la dichiarazione originaria.
Nessun errore è ammesso anche sulla dichiarazione precedente quella utilizzata per definire il concordato. In caso infatti di accertamento sull’anno d’imposta citato, qualora venga rilevata l’esistenza di attività non dichiarate o l’inesistenza o l’indeducibilità di passività dichiarate, per un importo superiore al 30% dei ricavi dichiarati il contribuente aderente decade immediatamente dall’istituto. Queste sono alcune considerazioni sul decreto legislativo in materia di procedimento accertativo, approvato in esame preliminare dal consiglio dei ministri, che stabilisce il perimetro applicativo del concordato preventivo biennale (CPB) ovvero la nuova modalità di “accordo” tra fisco e contribuente per definire la base imponibile nei due anni successivi a quello di sottoscrizione del patto.
Le dichiarazioni non si toccano. Vengono disciplinate le cause di decadenza dal concordato con effetti che impattano sia sulla dichiarazione presa a base dell’accordo sia su quella precedente.
L’anno d’imposta precedente la “firma” infatti rientra a pieno titolo nel perimetro del CPB e deve essere annualità oggetto di seria analisi da parte del contribuente in fase di accettazione dell’accordo poiché, in caso di accertamento su quell’annualità, qualora dovessero emergere attività non dichiarate o costi inesistenti o non deducili, se il reddito accertato risulta poi superiore al 30% di quello dichiarato si decade immediatamente dall’istituto.
Qualora il contribuente volesse aderire al CPB è consigliabile quindi effettui una seria verifica sull’annualità precedente l’accordo e, in caso di errori rilevati, proceda con la presentazione di una integrativa per rendere “perfetto” il modello ed anticipare i possibili rilievi dell’amministrazione fiscale.
Inoltre, è stabilita una ulteriore condizione per mantenere operativo il concordato e cioè che la dichiarazione presa a riferimento dal fisco non deve essere modificata o integrata, o meglio non può avere integrazioni tali da determinare un diversa quantificazione dei redditi o del valore della produzione netta rispetto a quelli in base ai quali è avvenuta l’accettazione della proposta di accordo.
Questo requisito è di assoluto buon senso e logica poiché sarebbe impensabile mantenere un patto strutturato dalla base di una dichiarazione con valori reddituali non più esistenti perché magari stravolti dalla presentazione di una integrativa.
Fuori dal patto anche coloro che non pagano le imposte concordate. Come molti istituti, compresi quelli della c.d. tregua fiscale, di fatto anche il CPB si formalizza con il pagamento delle imposte generate dal reddito imponibile concordato tra amministrazione e contribuente.
In caso di non pagamento delle citate imposte è prevista la decadenza dal concordato a patto però che le stesse non vengano versate con ravvedimento operoso ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.
L’istituto è però utilizzabile però fino a quando la violazione non sia stata già constatata e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l’autore o i soggetti solidalmente obbligati abbiano avuto formale conoscenza.
Giuliano Vendrame
17/11/2023
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Tags: fisco