Extraprofitti delle banche: saranno veramente tassati?
Extraprofitti delle banche: saranno veramente tassati?
Ma quante belle parole… Ma che belle intenzioni… L’imposta sarebbe finalizzata a limitare i crescenti utili delle banche che, a seguito dell’aumento dei tassi di interesse deciso dalla BCE, hanno visto incrementare i ricavi (interessi attivi), senza però subire un incremento dei costi (interessi passivi) sulla provvista dei fondi.
Stando alle dichiarazioni governative, l’imposta è finalizzata a limitare i crescenti utili (già realizzati e in corso di realizzazione) delle banche.
Il Governo ha confermato come le banche, a seguito dell’aumento dei tassi d’interesse deciso dalla BCE, hanno visto incrementare i ricavi (cioè gli interessi attivi), soprattutto quelli conseguenti al rialzo dei tassi sui mutui, senza però subire un incremento dei costi (cioè gli interessi passivi) sulla provvista dei fondi (ad esempio sui conti correnti, i cui tassi sono ancora pressoché pari allo zero per cento). Lo schema proposto dal Governo per le banche è analogo a quello già sperimentato per le imprese energetiche che hanno subito il contributo straordinario (versato nello scorso mese di giugno) a fronte del caro-energia.
La logica pare essere la stessa, cioè incrementare le entrate dello Stato intervenendo sugli utili generati dalle imprese nel momento in cui si evidenzino dei comportamenti speculativi.
Ciò è quanto accaduto per le imprese energetiche (aumento dei costi in bolletta per i cittadini non giustificato dai costi dell’energia sul mercato) ed è quanto sembra potrà essere per le banche (maggiori incassi, interessi attivi non compensati). Le entrate che dovrebbero essere garantite da questa imposta straordinaria saranno iscritte, per espressa indicazione normativa, in un fondo che servirà sia a finanziare gli interventi a sostegno dei mutui sulla prima casa (dl. 73/2021), sia a finanziare la “riduzione della pressione fiscale di famiglie e imprese”.
L’imposta straordinaria, che dovrebbe essere indeducibile ai fini Ires e Irap, sarebbe istituita per l’anno 2023 e risulterebbe gravare sugli intermediari finanziari, escluse le società di gestione dei fondi comuni d’investimento e le società di intermediazione mobiliare.
Dovrebbe intervenire sul differenziale tra gli interessi attivi e quelli passivi, l’imposta dovrebbe essere pari al 40% del maggiore tra:
- a) il margine di interesse realizzato nel 2022 (esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023) che eccede per almeno il 5% il medesimo margine realizzato nel 2021 (nell’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022);
- b) il margine di interesse realizzato nel 2023 (esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2024) che eccede per almeno il 10% il medesimo margine realizzato nel 2021 (esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022).
Non è ancora ben chiaro se ci sarà un tetto massimo dell’imposta. In qualche bozza della norma in circolazione si legge che l’imposta non potrà eccedere il 25% del valore del patrimonio netto del 2022 (esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023). L’imposta dovrebbe essere versato entro giugno 2024 (sesto mese successivo a quello di chiusura dell’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2024, cioè 2023).
Però…
È il caso di ricordare comunque che la tenuta costituzionale di simili imposte straordinarie risulta spesso dubbia. Non a caso, la Corte Costituzionale è già stata chiamata a decidere sulla legittimità del contributo straordinario sugli extra-profitti delle imprese energetiche (art. 37 del dl. 21/2022), a seguito del rinvio operato, a giugno, dalla Cgt di primo grado di Roma con ordinanza n. 2437-27-2023.
Le banche la faranno franca anche questa volta? Io credo di sì. Tu che dici?
Giuliano Vendrame
11/08/2023
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Tags: BCE, extraprofitti banche, fisco, tasse